Nel
sito di Cinzia Ricci un’inchiesta sul lesbismo
politicamente scorretto. Oltre le copertine patinate. Le lesbiche ci sono
- e si raccontano.
Estratto
della presentazione pubblica svoltasi il 24 Aprile 2004 a Lucca presso
la Libreria Baroni. Presentazione a cura di Giulio
Maria Corbelli
Domanda:
“Borderline” è un’inchiesta particolare attraverso
la quale Cinzia ha intervistato una serie di donne che vivono il proprio
orientamento sessuale in maniera problematica o che hanno comunque una
storia intricata da raccontare… Prima di entrare nel merito, volevo
chiederti perché hai scelto di pubblicarla in Internet e non in
altra maniera?
Risposta:
Pubblicare nei modi tradizionali è difficilissimo. La via più
semplice è Internet. Certamente è anche il modo meno fruibile,
perché è vero che tanti hanno il computer, ma non tutti…
Quindi, se da una parte Internet consente di mostrare liberamente il proprio
lavoro anche a persone isolate come me (che sono nessuno e difficilmente
troverò un editore), dall’altra è un mezzo elitario
che di fatto ne limita molto la diffusione.
Domanda:
Questo viaggio ti avrà dato un’idea di quali sono le problematiche
maggiori che soprattutto le donne incontrano per poter vivere tranquillamente
il proprio orientamento sessuale – quali sono le difficoltà
più grandi che hai riscontrato, o sono storie una diversa dall’altra?
Risposta:
È molto difficile fare una casistica… Il dato che emerge
con maggiore evidenza è che c’è una differenza enorme
fra le nuove e le vecchie generazioni. Già la mia è una
vecchia generazione anche se ho solo quarant’anni – il lesbismo
come lo abbiamo vissuto noi è diverso da quello vissuto dalle odierne
adolescenti, per loro è molto più semplice… La nostra
generazione e soprattutto le generazioni precedenti alla nostra, spesso
hanno attraversato l’inferno – le nuove generazioni, nonostante
le difficoltà, le paure, le incertezze, non devono passare necessariamente
attraverso l’eterosessualità, ad esempio, che per la maggioranza
di noi è stata invece una tappa obbligata, perché non c’erano
punti di riferimento, perché pensavi di essere l’unica al
mondo, malata… Oggi è più facile: c’è
la televisione che, anche se passa dei messaggi devastanti, falsi, bugiardi,
ti dice però che non sei l’unica – prima non era così,
non se ne parlava proprio, non esistevamo, semplicemente.
Domanda:
Pensi che le associazioni omosessuali abbiano contribuito a creare un
clima migliore per le nuove generazioni?
Risposta:
Sì, anche per le donne delle vecchie generazioni, non solo quelle
politicizzate. Le associazioni, i gruppi omosessuali, hanno soprattutto
creato luoghi d’incontro – in questo senso Internet è
stato la salvezza per moltissime donne che erano completamente isolate.
Avere la possibilità stando a casa propria di poter entrare in
relazione con situazioni e persone altrimenti irraggiungibili, ha dato
loro un’opportunità che molte hanno colto. Chi vive nell’ombra,
nella paura, ha sete, un bisogno disperato di darsi una possibilità
– per non morire. Essere isolati è un po’ come morire:
una morte interiore, civile, lenta, inarrestabile. L’isolamento
è la morte.
Domanda:
Come sei entrata in contatto con queste donne? Le conoscevi già?
Risposta:
No. Ho cominciato con un’amica, Mirella, ed una sua conoscente,
poi, con la pubblicazione di Borderline, sono arrivate le prime mails
cui sono seguiti rapporti epistolari talvolta molto lunghi, molto sofferti,
contatti telefonici… ma difficilmente si concretizzano in incontri
veri e propri soprattutto perché io non vivo di questo. Per poterle
incontrare tutte dovrei avere una disponibilità economica che non
possiedo, molto tempo libero a disposizione. Scrivono da tutta Italia,
dal Trentino alla Sicilia, dalla Sardegna, ovunque – e loro stesse
hanno difficoltà economiche, spesso sono disoccupate, vivono ai
margini, non possono spostarsi… perciò il più delle
volte si crea un rapporto fra me e loro, privato. Talvolta invece è
stato possibile incontrarsi - queste quattordici storie ne sono una testimonianza.
Domanda: E comunque Borderline è un work in progress,
quindi ce ne saranno altre…
Risposta:
Sì, certo. Alcune storie sono ferme in attesa di autorizzazione
alla pubblicazione, altre devo ancora lavorarci, insomma, un po’
di materiale c’è ma lo centellino…
Domanda:
Ci sono vicende legate alla città di Lucca?
Risposta:
Sono quelle presenti nella sezione “Viaggio nella memoria”.
Per quanto riguarda “Borderline” ce n’è una ed
è l’unica della quale posso parlare perché non mi
è stato chiesto l’anonimato.
Domanda:
Che tipo di situazione pensi ci sia a Lucca?
Risposta:
È di una desolazione assoluta. Ci sono moltissime lesbiche che
vivono nell’ombra, più o meno velate, quelle che non lo sono
non hanno alcun interesse verso qualsiasi cosa che possa essere un minimo
politicizzato, culturale, legato alla visibilità e alla partecipazione
attiva. In questo senso non ho paura di affermare che a Lucca non c’è
alcun movimento gay e lesbico, a parte poche persone che non sono comunque
rappresentative – esistono singole persone che hanno una propria
vita affettiva, un orientamento omosessuale, ma del resto “non gliene
po’ frega’ de meno”, questa è la mia opinione…
Domanda:
Pensi che cambierà la situazione? E come?
Risposta:
No. Forse fra qualche generazione, ma non ora. È proprio una caratteristica
locale: i lucchesi lavano i panni sporchi fuori casa, vanno a divertirsi
e fanno tutto altrove – dopo gli anni dell’adolescenza durante
i quali sono un po’ bizzosi, poi rientrano nei ranghi, mansueti…
Domanda:
Qual è la storia che più ti ha segnato, anche come incontro
personale?
Risposta:
Tutte lasciano un segno, però se devo pensare ad una storia che
ha lasciato un segno durissimo da digerire, penso a Miriam in “L’indifferenza
uccide”. Miriam è venuta a Lucca due giorni e sono stati
due giorni devastanti per me perché ha una storia di violenze reiterate,
continuative, cominciate in tenera età – violenze da parte
del padre, torture, stupro, non ci sono stati limiti alla violenza nella
sua vita. Poi per più di una settimana l’ho avuta negli occhi,
nel cuore - è stato veramente difficile. Una lettrice mi ha chiesto
come faccio a sopportare – eh, come faccio… è un casino,
quando trovi delle storie come queste, delle persone che hanno vissuto
sulla propria pelle una tale quantità di accidenti a cominciare
da subito, ce la fai male, molto male – e poi anch’io ho un
vissuto difficile per cui, se da un lato questo mi consente il giusto
grado di empatia, dall’altro mi si risveglia la rabbia, l’angoscia,
la consapevolezza di non poter far nulla perché sono persone che
poi se ne vanno, ma non potrei far nulla nemmeno se fossero qui, perché
ogni inferno è personale, privato, non può essere diviso
con nessun altro…
Domanda:
Quindi cos’è che spinge queste persone a raccontarsi?
Risposta:
Penso che sia la voglia di dire “ci sono anch’io”, la
voglia di lasciare un segno, una testimonianza, che corrisponde alla mia
opinione, vale a dire che ogni vita ha una sua dignità profonda,
anche la peggiore, la più discutibile, ed ogni persona ha il diritto
di essere rispettata e una forma di rispetto è l’ascolto,
la cittadinanza – dare cittadinanza anche ad esperienze non condivisibili.
Io ad esempio non condivido alcune delle donne che ho intervistato, ma
stando insieme a loro, parlandoci, sempre di più mi accorgo che,
sì, posso non essere d’accordo, condividerne le scelte, ma
le loro vite sono degne comunque, a prescindere - chi sono io per giudicare?
Sono un niente, sono un nessuno, la loro vita ha diritto di essere rispettata.
Domanda:
Dunque il risultato che ti auguri di raggiungere con Borderline è
di dare cittadinanza a chi non ce l’ha?
Risposta:
Dare cittadinanza, dare voce e soprattutto dare a tante persone che non
hanno la più pallida idea di che cos’è la sofferenza,
l’isolamento, la discriminazione, cos’è vivere sulla
propria pelle l’infelicità di non poter essere se stessi,
la possibilità di capirlo, perché se a queste persone non
glielo diciamo, da sole non ci arriveranno mai e forse nemmeno così,
ma almeno ci avremo provato.
Domanda:
Dalle risposte che hai ti sembra di raggiungere questo risultato? Che
tipo di risposta hai dalle lettrici, dai lettori?
Risposta:
Quando ho messo on-line l’inchiesta, ero pronta a qualsiasi tipo
d’insulto, ero veramente preparata, mi aspettavo di tutto –
non ho ricevuto una sola mail di questo tipo, né una critica. Solo
una ragazza mi ha scritto dicendomi “certo, però, tutte queste
storie tristi… una storiellina un po’ più leggerina…”
– è stata l’unica rimostranza che ho ricevuto alla
quale poco dopo ho potuto rispondere uscendo con “Rintintin-ager”
ed un altro paio di storie che sono abbastanza ironiche. Per il resto
sono tutte mails di donne e, con mia grande sorpresa, uomini, che rimangono
colpiti dalle vicende, dal modo di raccontarle… molti mi scrivono
che non credevano ci fosse tanta sofferenza, tanta negazione… Sono
legittimamente stupiti, perché se una persona ha una vita più
o meno normale, l’unica occasione che ha per vedere più in
là del suo naso è attraverso la televisione la quale, sì,
mostra i bambini dell’africa che muoiono di fame, alcune guerre,
montagne di cadaveri, ma non parla di quello che succede dietro casa,
non dice in che razza d’inferno sono costrette a vivere le persone
intorno a noi – e se ne guarda bene di dirlo…
Domanda:
Hai intrapreso Borderline perché pensavi che le inchieste proposte
dai grandi mensili non fossero rappresentative della realtà lesbica,
credi che questa lo sia di più o che riguardi soltanto un aspetto
della realtà lesbica italiana? In altre parole, ti sei concentrata
soltanto su un aspetto pensando che le cose stiano principalmente così?
Risposta:
No, la realtà non è fatta solo di tragedie e negazioni,
tuttavia le storie che ho raccolto sono quasi tutte abbastanza emblematiche
– quasi una campionatura… Alcune facce di un poliedro che
ne ha moltissime… Insomma, la vita non è un monolite, la
vita sono tante cose spesso inimmaginabili perché la realtà
supera la fantasia. Per quanti sforzi immaginativi si faccia, la realtà
supera quasi sempre la fantasia. È incredibile, non arriveremmo
mai ad immagine quello che la vita ci riserva.
Domanda:
Nel sito proponi anche altre cose che hai fatto e alle quali ti dedichi
(fotografia, pittura, poesia, fumetti, ecc.) - cosa ti ha portato a cercare
così tanti mezzi di espressione?
Risposta:
Sì, c’è un po’ di tutto, anche cose che non
faccio più da tempo… Non lo so cosa mi ha spinto, l’ho
sempre fatto, sin da bambina. È sempre stata una necessità
insopprimibile che non ho potuto contenere.
Domanda:
C’è stato qualcuno, o un’opera, una corrente, che consideri
come una fonte d’ispirazione, un punto di riferimento? Mi chiedo
se c’è un modo per identificare la tua formazione…
Risposta:
No… Sono onnivora, fondamentalmente nozionistica - mi piace tutto,
tutto m’interessa, forse è per questo che non ho punti di
riferimento precisi, modelli…
Domanda:
C’è stata una qualche forma di pubblicità mediatica
intorno a Borderline? Qualche apprezzamento? Un riconoscimento da parte
dell’ambiente omosessuale, o comunque intellettuale?
Risposta: A dire il vero mi sembra che questo lavoro
stia passando sotto relativo silenzio, a parte alcuni contatti via mail
che ho avuto con personaggi più o meno importanti che hanno espresso
apprezzamento, alcune interviste e soprattutto un servizio giornalistico
realizzato per la radio di stato tedesca, del quale peraltro ignoro cosa
ne sia stato… È strano che Borderline abbia suscitato tanto
interesse all’estero e così poco qui... Bah, sarà
la sorte che tocca agli “esuli in patria”…
Domanda:
Comunque su alcuni media Gay italiani ne è stata data notizia…
Risposta:
Sì, certo – c’è stato il tuo articolo su Gay.it
che è stato il primo, poi a Marzo è uscito su Babilonia
un articolo molto lungo (due pagine con fotografie) di Pasquale Quaranta,
altri trafiletti, link su vari siti… Tutto sommato non mi posso
lamentare, va bene così… Considera che l’Italia si
muove per corporazioni, più o meno grosse - se non ne fai parte
sei tagliato fuori, completamente, quindi da buon cane sciolto quale sono
posso comunque ritenermi soddisfatta... Insomma, sono sulla strada giusta
per rimanere tale…
Domanda:
Pensi che Borderline possa essere considerato un lavoro scomodo?
Risposta:
No. Penso vi sia sottovalutazione e sopravvalutazione insieme. Sto aspettando
qualcuno che riesca a dargli il giusto valore. Queste sono testimonianze
rare, di rara intensità, durezza, poesia, bellezza, non per merito
mio, sono le storie in sé ad esserlo. Io posso essere più
o meno sensibile, più o meno brava a raccontarle, ma sono le storie
che sono importanti. Forse varrebbe la pena di interessarsi a Borderline
al di là di me… Fra l’altro sto pensando di aprire
una sezione che raccolga anche testimonianze di uomini, ne ho sentite
alcune davvero incredibili… D’altronde la mia empatia non
è a senso unico, non sono separatista – ci sto pensando seriamente
già da un po’, certo sarebbe un bell’impegnone…
Domanda:
Credi che ci siano grosse differenze nelle problematiche che un uomo deve
affrontare per essere visibile rispetto ad una donna?
Risposta:
Ma veramente questo è l’aspetto che a me interessa meno.
A me interessa l’aspetto umano, delle persone m’interessa
l’umanità, non m’interessa la sessualità –
mi interessano le storie umane che alla fine prescindono, travalicano
i generi, superano le problematiche legate agli orientamenti sessuali…
Mi riesce veramente molto difficile interessarmi alle persone solo relativamente
all'orientamento affettivo e quindi in un certo senso mi sento un po’
ingabbiata in Borderline perché poi ci sono anche storie straordinarie
di donne eterosessuali che sarebbe bellissimo poter raccontare, solo che
io non vivo di questo. Vorrei dedicarmi anima e corpo a Borderline, a
raccogliere testimonianze, ma non è possibile, ci sono i problemi
di tutti i giorni, le incombenze e le preoccupazioni quotidiane... La
vita puoi cacciarla dalla porta, ma quella poi rientra dalla finestra…
Un
sentito ringraziamento alla signora Alberti e al figlio Cristiano per
la consueta, coraggiosa ospitalità.
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