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Aggiornato Venerdì 12-Ott-2007

Nel sito di Cinzia Ricci uninchiesta sul lesbismo politicamente scorretto. Oltre le copertine patinate. Le lesbiche ci sono - e si raccontano.

Estratto della presentazione pubblica svoltasi il 24 Aprile 2004 a Lucca presso la Libreria Baroni. Presentazione a cura di Giulio Maria Corbelli

 

Domanda: “Borderline” è un’inchiesta particolare attraverso la quale Cinzia ha intervistato una serie di donne che vivono il proprio orientamento sessuale in maniera problematica o che hanno comunque una storia intricata da raccontare… Prima di entrare nel merito, volevo chiederti perché hai scelto di pubblicarla in Internet e non in altra maniera?

Risposta: Pubblicare nei modi tradizionali è difficilissimo. La via più semplice è Internet. Certamente è anche il modo meno fruibile, perché è vero che tanti hanno il computer, ma non tutti… Quindi, se da una parte Internet consente di mostrare liberamente il proprio lavoro anche a persone isolate come me (che sono nessuno e difficilmente troverò un editore), dall’altra è un mezzo elitario che di fatto ne limita molto la diffusione.

Domanda: Questo viaggio ti avrà dato un’idea di quali sono le problematiche maggiori che soprattutto le donne incontrano per poter vivere tranquillamente il proprio orientamento sessuale – quali sono le difficoltà più grandi che hai riscontrato, o sono storie una diversa dall’altra?

Risposta: È molto difficile fare una casistica… Il dato che emerge con maggiore evidenza è che c’è una differenza enorme fra le nuove e le vecchie generazioni. Già la mia è una vecchia generazione anche se ho solo quarant’anni – il lesbismo come lo abbiamo vissuto noi è diverso da quello vissuto dalle odierne adolescenti, per loro è molto più semplice… La nostra generazione e soprattutto le generazioni precedenti alla nostra, spesso hanno attraversato l’inferno – le nuove generazioni, nonostante le difficoltà, le paure, le incertezze, non devono passare necessariamente attraverso l’eterosessualità, ad esempio, che per la maggioranza di noi è stata invece una tappa obbligata, perché non c’erano punti di riferimento, perché pensavi di essere l’unica al mondo, malata… Oggi è più facile: c’è la televisione che, anche se passa dei messaggi devastanti, falsi, bugiardi, ti dice però che non sei l’unica – prima non era così, non se ne parlava proprio, non esistevamo, semplicemente.

Domanda: Pensi che le associazioni omosessuali abbiano contribuito a creare un clima migliore per le nuove generazioni?

Risposta: Sì, anche per le donne delle vecchie generazioni, non solo quelle politicizzate. Le associazioni, i gruppi omosessuali, hanno soprattutto creato luoghi d’incontro – in questo senso Internet è stato la salvezza per moltissime donne che erano completamente isolate. Avere la possibilità stando a casa propria di poter entrare in relazione con situazioni e persone altrimenti irraggiungibili, ha dato loro un’opportunità che molte hanno colto. Chi vive nell’ombra, nella paura, ha sete, un bisogno disperato di darsi una possibilità – per non morire. Essere isolati è un po’ come morire: una morte interiore, civile, lenta, inarrestabile. L’isolamento è la morte.

Domanda: Come sei entrata in contatto con queste donne? Le conoscevi già?

Risposta: No. Ho cominciato con un’amica, Mirella, ed una sua conoscente, poi, con la pubblicazione di Borderline, sono arrivate le prime mails cui sono seguiti rapporti epistolari talvolta molto lunghi, molto sofferti, contatti telefonici… ma difficilmente si concretizzano in incontri veri e propri soprattutto perché io non vivo di questo. Per poterle incontrare tutte dovrei avere una disponibilità economica che non possiedo, molto tempo libero a disposizione. Scrivono da tutta Italia, dal Trentino alla Sicilia, dalla Sardegna, ovunque – e loro stesse hanno difficoltà economiche, spesso sono disoccupate, vivono ai margini, non possono spostarsi… perciò il più delle volte si crea un rapporto fra me e loro, privato. Talvolta invece è stato possibile incontrarsi - queste quattordici storie ne sono una testimonianza.

Domanda: E comunque Borderline è un work in progress, quindi ce ne saranno altre…

Risposta: Sì, certo. Alcune storie sono ferme in attesa di autorizzazione alla pubblicazione, altre devo ancora lavorarci, insomma, un po’ di materiale c’è ma lo centellino…

Domanda: Ci sono vicende legate alla città di Lucca?

Risposta: Sono quelle presenti nella sezione “Viaggio nella memoria”. Per quanto riguarda “Borderline” ce n’è una ed è l’unica della quale posso parlare perché non mi è stato chiesto l’anonimato.

Domanda: Che tipo di situazione pensi ci sia a Lucca?

Risposta: È di una desolazione assoluta. Ci sono moltissime lesbiche che vivono nell’ombra, più o meno velate, quelle che non lo sono non hanno alcun interesse verso qualsiasi cosa che possa essere un minimo politicizzato, culturale, legato alla visibilità e alla partecipazione attiva. In questo senso non ho paura di affermare che a Lucca non c’è alcun movimento gay e lesbico, a parte poche persone che non sono comunque rappresentative – esistono singole persone che hanno una propria vita affettiva, un orientamento omosessuale, ma del resto “non gliene po’ frega’ de meno”, questa è la mia opinione…

Domanda: Pensi che cambierà la situazione? E come?

Risposta: No. Forse fra qualche generazione, ma non ora. È proprio una caratteristica locale: i lucchesi lavano i panni sporchi fuori casa, vanno a divertirsi e fanno tutto altrove – dopo gli anni dell’adolescenza durante i quali sono un po’ bizzosi, poi rientrano nei ranghi, mansueti…

Domanda: Qual è la storia che più ti ha segnato, anche come incontro personale?

Risposta: Tutte lasciano un segno, però se devo pensare ad una storia che ha lasciato un segno durissimo da digerire, penso a Miriam in “L’indifferenza uccide”. Miriam è venuta a Lucca due giorni e sono stati due giorni devastanti per me perché ha una storia di violenze reiterate, continuative, cominciate in tenera età – violenze da parte del padre, torture, stupro, non ci sono stati limiti alla violenza nella sua vita. Poi per più di una settimana l’ho avuta negli occhi, nel cuore - è stato veramente difficile. Una lettrice mi ha chiesto come faccio a sopportare – eh, come faccio… è un casino, quando trovi delle storie come queste, delle persone che hanno vissuto sulla propria pelle una tale quantità di accidenti a cominciare da subito, ce la fai male, molto male – e poi anch’io ho un vissuto difficile per cui, se da un lato questo mi consente il giusto grado di empatia, dall’altro mi si risveglia la rabbia, l’angoscia, la consapevolezza di non poter far nulla perché sono persone che poi se ne vanno, ma non potrei far nulla nemmeno se fossero qui, perché ogni inferno è personale, privato, non può essere diviso con nessun altro…

Domanda: Quindi cos’è che spinge queste persone a raccontarsi?

Risposta: Penso che sia la voglia di dire “ci sono anch’io”, la voglia di lasciare un segno, una testimonianza, che corrisponde alla mia opinione, vale a dire che ogni vita ha una sua dignità profonda, anche la peggiore, la più discutibile, ed ogni persona ha il diritto di essere rispettata e una forma di rispetto è l’ascolto, la cittadinanza – dare cittadinanza anche ad esperienze non condivisibili. Io ad esempio non condivido alcune delle donne che ho intervistato, ma stando insieme a loro, parlandoci, sempre di più mi accorgo che, sì, posso non essere d’accordo, condividerne le scelte, ma le loro vite sono degne comunque, a prescindere - chi sono io per giudicare? Sono un niente, sono un nessuno, la loro vita ha diritto di essere rispettata.

Domanda: Dunque il risultato che ti auguri di raggiungere con Borderline è di dare cittadinanza a chi non ce l’ha?

Risposta: Dare cittadinanza, dare voce e soprattutto dare a tante persone che non hanno la più pallida idea di che cos’è la sofferenza, l’isolamento, la discriminazione, cos’è vivere sulla propria pelle l’infelicità di non poter essere se stessi, la possibilità di capirlo, perché se a queste persone non glielo diciamo, da sole non ci arriveranno mai e forse nemmeno così, ma almeno ci avremo provato.

Domanda: Dalle risposte che hai ti sembra di raggiungere questo risultato? Che tipo di risposta hai dalle lettrici, dai lettori?

Risposta: Quando ho messo on-line l’inchiesta, ero pronta a qualsiasi tipo d’insulto, ero veramente preparata, mi aspettavo di tutto – non ho ricevuto una sola mail di questo tipo, né una critica. Solo una ragazza mi ha scritto dicendomi “certo, però, tutte queste storie tristi… una storiellina un po’ più leggerina…” – è stata l’unica rimostranza che ho ricevuto alla quale poco dopo ho potuto rispondere uscendo con “Rintintin-ager” ed un altro paio di storie che sono abbastanza ironiche. Per il resto sono tutte mails di donne e, con mia grande sorpresa, uomini, che rimangono colpiti dalle vicende, dal modo di raccontarle… molti mi scrivono che non credevano ci fosse tanta sofferenza, tanta negazione… Sono legittimamente stupiti, perché se una persona ha una vita più o meno normale, l’unica occasione che ha per vedere più in là del suo naso è attraverso la televisione la quale, sì, mostra i bambini dell’africa che muoiono di fame, alcune guerre, montagne di cadaveri, ma non parla di quello che succede dietro casa, non dice in che razza d’inferno sono costrette a vivere le persone intorno a noi – e se ne guarda bene di dirlo…

Domanda: Hai intrapreso Borderline perché pensavi che le inchieste proposte dai grandi mensili non fossero rappresentative della realtà lesbica, credi che questa lo sia di più o che riguardi soltanto un aspetto della realtà lesbica italiana? In altre parole, ti sei concentrata soltanto su un aspetto pensando che le cose stiano principalmente così?

Risposta: No, la realtà non è fatta solo di tragedie e negazioni, tuttavia le storie che ho raccolto sono quasi tutte abbastanza emblematiche – quasi una campionatura… Alcune facce di un poliedro che ne ha moltissime… Insomma, la vita non è un monolite, la vita sono tante cose spesso inimmaginabili perché la realtà supera la fantasia. Per quanti sforzi immaginativi si faccia, la realtà supera quasi sempre la fantasia. È incredibile, non arriveremmo mai ad immagine quello che la vita ci riserva.

Domanda: Nel sito proponi anche altre cose che hai fatto e alle quali ti dedichi (fotografia, pittura, poesia, fumetti, ecc.) - cosa ti ha portato a cercare così tanti mezzi di espressione?

Risposta: Sì, c’è un po’ di tutto, anche cose che non faccio più da tempo… Non lo so cosa mi ha spinto, l’ho sempre fatto, sin da bambina. È sempre stata una necessità insopprimibile che non ho potuto contenere.

Domanda: C’è stato qualcuno, o un’opera, una corrente, che consideri come una fonte d’ispirazione, un punto di riferimento? Mi chiedo se c’è un modo per identificare la tua formazione…

Risposta: No… Sono onnivora, fondamentalmente nozionistica - mi piace tutto, tutto m’interessa, forse è per questo che non ho punti di riferimento precisi, modelli…

Domanda: C’è stata una qualche forma di pubblicità mediatica intorno a Borderline? Qualche apprezzamento? Un riconoscimento da parte dell’ambiente omosessuale, o comunque intellettuale?

Risposta: A dire il vero mi sembra che questo lavoro stia passando sotto relativo silenzio, a parte alcuni contatti via mail che ho avuto con personaggi più o meno importanti che hanno espresso apprezzamento, alcune interviste e soprattutto un servizio giornalistico realizzato per la radio di stato tedesca, del quale peraltro ignoro cosa ne sia stato… È strano che Borderline abbia suscitato tanto interesse all’estero e così poco qui... Bah, sarà la sorte che tocca agli “esuli in patria”…

Domanda: Comunque su alcuni media Gay italiani ne è stata data notizia…

Risposta: Sì, certo – c’è stato il tuo articolo su Gay.it che è stato il primo, poi a Marzo è uscito su Babilonia un articolo molto lungo (due pagine con fotografie) di Pasquale Quaranta, altri trafiletti, link su vari siti… Tutto sommato non mi posso lamentare, va bene così… Considera che l’Italia si muove per corporazioni, più o meno grosse - se non ne fai parte sei tagliato fuori, completamente, quindi da buon cane sciolto quale sono posso comunque ritenermi soddisfatta... Insomma, sono sulla strada giusta per rimanere tale…

Domanda: Pensi che Borderline possa essere considerato un lavoro scomodo?

Risposta: No. Penso vi sia sottovalutazione e sopravvalutazione insieme. Sto aspettando qualcuno che riesca a dargli il giusto valore. Queste sono testimonianze rare, di rara intensità, durezza, poesia, bellezza, non per merito mio, sono le storie in sé ad esserlo. Io posso essere più o meno sensibile, più o meno brava a raccontarle, ma sono le storie che sono importanti. Forse varrebbe la pena di interessarsi a Borderline al di là di me… Fra l’altro sto pensando di aprire una sezione che raccolga anche testimonianze di uomini, ne ho sentite alcune davvero incredibili… D’altronde la mia empatia non è a senso unico, non sono separatista – ci sto pensando seriamente già da un po’, certo sarebbe un bell’impegnone…

Domanda: Credi che ci siano grosse differenze nelle problematiche che un uomo deve affrontare per essere visibile rispetto ad una donna?

Risposta: Ma veramente questo è l’aspetto che a me interessa meno. A me interessa l’aspetto umano, delle persone m’interessa l’umanità, non m’interessa la sessualità – mi interessano le storie umane che alla fine prescindono, travalicano i generi, superano le problematiche legate agli orientamenti sessuali… Mi riesce veramente molto difficile interessarmi alle persone solo relativamente all'orientamento affettivo e quindi in un certo senso mi sento un po’ ingabbiata in Borderline perché poi ci sono anche storie straordinarie di donne eterosessuali che sarebbe bellissimo poter raccontare, solo che io non vivo di questo. Vorrei dedicarmi anima e corpo a Borderline, a raccogliere testimonianze, ma non è possibile, ci sono i problemi di tutti i giorni, le incombenze e le preoccupazioni quotidiane... La vita puoi cacciarla dalla porta, ma quella poi rientra dalla finestra…

 

Un sentito ringraziamento alla signora Alberti e al figlio Cristiano per la consueta, coraggiosa ospitalità.

 

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