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Polistrumentista, compositore e pittore (Belgio, 1953)
Wim Mertens studia pianoforte e musicologia ai Conservatori di Bruxelles e Gand. Diviene critico musicale e in seguito compositore capace di mescolare minimalismo e serialità in opere che si richiamano ad un senso della musica e dell’armonia quasi religioso. All’inizio degli anni Ottanta fonda l’Ensamble Soft Verdict con il quale firma i suoi primi album e compie varie Tournée. Del primo periodo di attività nei circoli dell’avanguardia sono testimonianza una cassetta di rumori di videogame (POR AMUSEMENT ONLY) e un 12” in trio con Peter Gordon e Peter Principle, AT HOME NOT AT HOME, poi ristampato in CD. Il suo secondo disco, VERGESSEN, risente delle meccaniche progressioni del minimalismo classico, con partiture in cui si respira la musica “ambientale” di Eno e sonorità quasi rinascimentali che definiscono una nuova forma di minimalismo, meno rigido e più emotivo, definito da Mertens “petit musique de chambre”. Mertens giunge così al monumentale MAXIMIZING THE AUDIENCE, tratto da uno spettacolo teatrale. In esso il musicista si inoltra nel territorio di un complesso serialismo meccanicistico. Piccoli brani da camera orchestrati per ensemble di due, tre strumenti, costruiti su frasi melodiche e ritmiche del tutto elementari, sovrapposte e intrecciate secondo i canoni del minimalismo. A MAN OF NO FORTUNE, che contiene sei “romanze” dal vivo per solo pianoforte e voce (un canto in tonalità altissima), inaugura una nuova stagione che lo vede impegnato in concerti per arpa, clarinetto, flauto o pianoforte, nei quali un singolo accordo può essere ripetuto per minuti e la stessa sillaba può essere cantata all’infinito. Di questo periodo sono rappresentativi la MUSIQUE A UN VOIX (1987, sette pièce per solo sassofono), il concept d’impianto medievale AFTER VIRTUE, il mottetto minimalista A VISITING CARD (1986) e soprattutto l’assolo d’arpa in EDUCES ME (1986), forse il brano da camera più lento di tutti i tempi. Già attivo per il teatro, debutta alla composizione di colonne sonore nel 1987 con la partitura del film “The Belly Of An Architect” (Il ventre dell’architetto, di Peter Greenaway), a cui collabora Glenn Branca. L’attività per il cinema prosegue con altre colonne sonore e, curiosamente, lo vede impegnato come compositore e accompagnatore al pianoforte di musiche per film muti. Mertens continua anche a riorchestrare le pièce più significative del passato, portando in primo piano gli elementi melodici e mimetizzando i processi teorici che le sostengono. Nel 1991 esce la serie di sette dischi (poi 4 CD) ALLE DINGHE, lavoro colossale diviso in tre parti che ha richiesto otto anni di lavoro e in cui Mertens non suona ma compone, orchestra, dirige e produce tutto il materiale. STRATÉGIE DE LA RUPTURE, EPIC THAT NEVER WAS e JÉRÉMIADES tornano alla sua “piccola musica da camera” per pianoforte e voce, ma SHOT AND ECHO e SENSE OF PLACE ripropongono l’ensemble. Mertens prosegue ALLE DINGHE, uscendo con l’altrettanto monumentale (due doppi e due tripli CD) GAVE VAN NIETS (YOU’LL NEVER BE ME, DIVIDED LOYALTIES e RECULER POUR MIEUX SAITER le altre parti). Cerebrale,
ma comunicativo, Mertens è fra i pochi musicisti dell’avanguardia
europea che riesce a commuovere ed emozionare. Scheda liberamente tratta e ulteriormente arricchita da "Enciclopedia della musica New Age" di Piero Scaruffi
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Ascolto la musica di Wim Mertens quasi dall’inizio della sua carriera, ho anche tentato di acquistare tutti i suoi dischi ma sono troppi e troppo cari, così, nel tempo vi ho dovuto rinunciare. Alla fine degli anni Ottanta ho persino avuto la fortuna di vederlo in un concerto di cui avevo saputo poche ore prima. Incredibilmente c'era ancora un posto libero. Incredibilmente, sì, perché già allora, Mertens faceva il tutto esaurito ovunque andasse e questo era (ed è) sorprendente per un artista che compone musica del suo tipo. Suonò in un ambiente piuttosto piccolo, musica per pochi intimi - la condizione ideale. Si presentò con un ensamble di ottoni - si sedette al piano e senza dire una parola il concerto ebbe inizio. Due ore a rotta di collo. Guidava i suoi musicisti con lo sguardo – un vero colonnello, esigentissimo. Li trafiggeva, inceneriva, pretendeva e otteneva ritmi disumani, ripetizioni infinite delle medesime note a velocità impressionanti. Solo alla fine si alzò e fra gli applausi ebbe per essi un sorriso benevolo, grato – così dolce e umile che mi lasciò incantata. Ebbi la sensazione che li ringraziasse soprattutto perché ne sopportavano il rigore, il puntiglio, l'esigenza insopprimibile di raggiungere la perfezione per onorare la bellezza, non banalizzare la poesia. Mertens dipinge paesaggi interiori profondi e altissimi, celesti - ragiona e dialoga fuori dal coro, da musica a musica. Affido alle parole di Giampiero Bigazzi, raccolte chissà dove nel 2002, il compito di parlare ancora di lui. Non credo che sarei capace di far meglio. C. Ricci
UNA MUSICA SENZA NOME
Quando penso a Wim Mertens, raffinato musicista e intellettuale, e alla sua musica, lieve ma interiormente complessa, m’immagino momenti di pacata quotidianità, romantica e minima, intima. Piccole ma intense stanze con molta luce, un chiarore che ti riscalda dentro. Finestre che offrono sprazzi sul profondo verde delle Ardenne o sull’ondulata linearità delle Fiandre. M’immagino un leggero vento, di quelli che ti svegliano e ti obbligano a pensare, e il Mare del Nord, freddo ma coinvolgente, come sfondo. Pianista e compositore fiammingo, Mertens si è imposto come ricercatore di musiche non convenzionali, come un artista paradigmatico nel frastagliato universo dell’avanguardia europea. Le sue composizioni, improntate da chiari echi provenienti dalla tradizione classica e da una vocazione melodica di matrice popolare, appaiono sostanzialmente leggere, cariche di bellezza, ma anche intrinsecamente complicate, spesso articolate in ardite strutture labirintiche. Sviluppate attraverso un’intricata matassa di citazioni e richiami. Un intenso lavoro sempre in equilibrio fra teoria e pratica: la lunga serie di prodotti discografici, dagli album per pianoforte e voce a quelli realizzati con originali piccole orchestre, a quelli dedicati a uno strumento solo (tutti lavori che non nascondono mai il principio di dare al disco il giusto ruolo di oggetto d’arte), le colonne sonore per il cinema e il teatro, la feconda attività concertistica svolta sui palcoscenici di tutto il mondo. Le storie raccontate non con le parole, ma con l’intima delicatezza del suo personale linguaggio vocale. Le orchestrazioni inconsuete, affatto altere. In vent’anni di carriera (avendo intrapreso la professione di musicista relativamente tardi), ha fatto breccia sugli animi più sensibili, ma forse anche su una fetta d’umanità contraddittoria e inaridita, preoccupata ma disponibile verso la libertà intellettuale. Verso una spiritualità laica. Verso l’uso dell’intelligenza. E quindi predisposta alla ricchezza dei sentimenti. Mertens è un vero e proprio maestro della divulgazione d’avanguardia, con la sua musica colta e accessibile. Una musica senza confini, senza timori, senza nome.
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