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Compositore e polistrumentista (Berlino, 1947)
Innovatore della musica elettronica tedesca e mago del sintetizzatore, è uno dei personaggi più in vista del cosmic rock germanico e fra i più importanti precursori della new age. Suona prima negli Psy, formazione di beat, poi nel 1969 contribuisce alla formazione dei Tangerine Dream, con Edgar Froese e Conny Schnitzler. Dopo un solo album, nel quale compare come batterista, li abbandona per unirsi a Manuel Gottsching e Harmut Enke negli Ash Ra Tempel (Settembre 1970). Ancora due soli album poi, alla fine del 1972, forte del suo bagaglio musicale classico (Bach e Wagner) e contemporaneo (Ligeti e i continuum, Stockhausen e l’elettronica), tenta la carta solista: allestisce un proprio studio di registrazione ed esordisce con IRRLICHT ambiziosa “sinfonia quadrafonica” per orchestra di trenta elementi e sofisticate macchine elettroniche. Dal febbraio 1972 (data della prima esibizione in pubblico, a Parigi), Schulze si finanzia con una serie consistente di concerti “solo” in cui l’artista stupisce con un rock elettronico facile e d’effetto. I suoi primi lavori mostrano una graduale evoluzione da una pura sperimentazione elettronica a forme sonore più complesse, classicheggianti – così CYBORG, raccolta di quattro suite da venti minuti ciascuna, coinvolge una cosmic orchestra di 50 elementi. La tecnica di linee melodiche lasciate cadere con nonchalance nel fitto cinguettio dei sintetizzatori apre nuove prospettive alla musica elettronica, liberandola tanto dalle pastoie dell’atonalità in cui è stata rinchiusa dai conservatori quanto dalla sudditanza nei confronti degli strumenti acustici a cui l’avevano votata i complessi rock. Le invenzioni cruciali di Schulze sono due: gli accordi oceanici che durano all’infinito (un effetto ottenuto appoggiando dei pesi sui tasti) e le metronomie ipnotiche del sequencer. In BLACKDANCE affiorano spunti vocali operistici. In PICTURE MUSIC, in collaborazione con Michael Hoening, sancisce l’inizio di una nuova fase, in cui abbandona i presupposti avanguardisti e psichedelici da cui è partito e sfrutta l’arsenale elettronico. Adottando il ritmo da discoteca (sia pur mimetizzato dietro le sue batterie di sequencer), Schulze s’inoltra sulla strada di un’elettronica di consumo, progenitrice di tanta muzak moderna. In TIMEWIND propone una barocca sinfonia elettronica dedicata a Richard Wagner. Influenzato dai Pink Floyd e Steve Reich, Schulze ottiene un consistente successo intorno alla metà degli anni Settanta, nel momento di maggior vigore del deutsch rock. Schulze collabora attivamente con molti artisti e gruppi fra i quali gli ermetici Cosmic Jokers (con Gottsching e il percussionista Harald Grosskopf) e con Richard Wahnfried (cinque album: TIME ACTOR il più rock, TONWELLE il più percussivo, MIDITATION il più sinfonico). Numerose tournee portano l’artista in Europa, anche in Italia e in Estremo Oriente. A Tokyo, Schulze produce il primo album della Far East Family Band, gruppo giapponese a lui molto vicino. Nel 1976 partecipa al progetto Go, allestito dal percussionista giapponese Stomu Yamash’ta, al fianco di altre superstar (Stevie Winwood, Michael Shrieve e Al Di Meola). Nella colonna sonora di “STARDANCER”, Schulze accentua ulteriormente la parte ritmica, rompendo definitivamente le convenzioni della musica cosmica. Una parentesi singolare nella sua carriera è rappresentata dalla colonna sonora per il film a luci rosse “BODY LOVE”, del danese Lasse Braun, che contiene musica di una sensualità spaventosa, realizzata senza fare alcun ricorso a campionamenti. Il monumentale X è l’espressione suprema della sua magniloquenza. Ogni suite è dedicata ad un personaggio famoso del passato. Appare dal vivo al Planetario di Londra, ideale scenario per la sua musica cosmica. L’anno successivo è primo nella classifica tedesca di Sounds come miglior musicista dell’anno. La tournée europea del 1979 è raccolta in LIVE. Il periodo barocco culmina nella colonna sonora di DUNE. Ma Schulze fa un altro passo avanti con DIG IT in cui si serve del computer per sintetizzare il sound. Con ciò si compie la transizione dal sound analogico a quello digitale. Nella sua musica, Schulze crea un equilibrio perfetto tra spazio e ritmo, coniuga stasi e dinamica. Gli anni Ottanta rappresentano una tappa cruciale nella carriera di Schulze. Da un lato la domanda del mercato new age, dall’altro quella delle discoteche “ambientali”, lo mettono al centro dell’attenzione e lui, che è sempre stato estremamente prolifico, arriva a pubblicare sino a due, tre album all’anno. Da musicista dell’avanguardia, diviene un buon esploratore di nuovi ritmi e armonie, anche orientali, introducendo nella sua musica rumori, voci, riscopre un certo classicismo e recupera partiture lasciate in sospeso all’inizio del suo percorso artistico. Tenta così la sua prima opera teatrale, TOTENTAG, confermando che la maturità fatalmente lo riporta verso la musica classica. L’opera è dedicata al filosofo Trakl, e riprende temi abbozzati su AUDENTITY e X. Il doppio IN BLUE segna invece un ritorno al suo formato più tipico. Le tre lunghe composizioni (Into The Blue, Serenade In Blue e Return Of The Tempel) danno la misura di quanto sia maturata l’arte del contrappunto elettronico di Schulze. «Negli ultimi anni l’attività di Schulze oscilla pertanto fra slanci titanici alla ricerca dell’opera che lo consacri e meschinità commerciali di nessun valore artistico. Guru incontrastato della “kosmische Musik”, Schulze ne personifica pregi e difetti: l’afflato metafisico e il sensazionalismo da colonna sonora, la maestosa ed elegante lentezza e la fredda e ingenua ridondanza, la fluida improvvisazione elettronica e la smisurata paranoia. Con lui l’organo da cattedrale, i ritmi sintetici, i timbri del synth, la suite di mezz’ora e più, diventano non più esperimenti d’avanguardia, ma stereotipi di consumo. Dalle aperture d’organo di Bach, dalle stasi dei monaci tibetani, dalle architetture polifoniche di Wagner, dalla psichedelia cosmica dei Pink Floyd, dalla liturgia gregoriana, dai vortici metafisici di John Coltrane, Schulze ha comunque saputo secernere la prima estetica della “musica elettronica popolare”, un’estetica che eredita dai raga il senso del tempo, dal jazz la spontaneità e dai sinfonisti tardo-romantici un vizio di grandeur» (Piero Scaruffi, da “Enciclopedia della musica New Age”, Arcana Editrice, 1996).
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