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In
una drammatica notte, sorpresi da un violento temporale in aperta campagna,
una compagnia di ricchi corrotti, due uomini e tre donne, trovano rifugio
in una villa isolata. Qui sono accolti da Uriath (Collins - Pigozzi) il
quale si dedica insieme alla madre Herta (Leibl), una medium, a pratiche
spiritistiche. Proprio l’arrivo degli ospiti ha interrotto una seduta,
ma Herta è ancora in trance e per bocca sua l’aldilà
smaschera i lati “innaturali” dei cinque nuovi presenti, rievoca
quella perversa tela di sentimenti, rapporti e passioni che, a vario titolo,
li unisce e che in un recente passato ha avuto come conseguenza un omicidio…
Subiranno un’adeguata punizione.
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Uno
“sTRASHissimo” curioso, un horror all’italiana che segna
una linea di demarcazione fra il gotico-sexy degli anni Sessanta e l’horror
pseudo-erotico anni Settanta. Vedere oggi le protagoniste impegnate nei
loro giochi erotici sempre perfettamente imparruccate, mai un capello
fuori posto, il trucco pesante senza alcuna sbavatura, è un’esperienza
davvero esilarante.
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Margheriti (che si nascose dietro lo pseudonimo Anthony M. Dawson, variato da un iniziale Daises, quando scoprì che il termine, in America, significava “omosessuale”), sin dall’inizio della sua carriera amò inserire nei suoi lavori richiami espliciti al lesbismo, in seguito divenuti di rito nella maggior parte degli horror e gotici nostrani. Questo film non fa eccezione. Le scene lesbiche fra le protagoniste (entrambe coniugate) sono eccezionalmente spinte per quei tempi. Margaret (Bosquero) è profondamente attratta da Vivian Taylor (Koch): cerca di sedurla ma lei non vuol proprio saperne, la rifiuta con forza. Margaret allora la costringe ad assecondarla con il ricatto - per un po’ Vivian ci sta ed anzi, sembra gradire, poi ci ripensa, si ribella e finisce male. Accattivante il loro primo randez vous che avviene durante una battuta di caccia alla volpe alla quale partecipano i rispettivi mariti - una lunga scena nella quale si alternano brevi sequenze del rapporto lesbico ed altre assai più lunghe della battuta: chiaro l’intento di sottolineare simbolicamente l’impari rapporto di forza su cui spesso si fondano le relazioni e che, con la morte della volpe braccata, di fatto anticipa l’epilogo del film. C. Ricci
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• Frase di lancio del film: “Oltre i confini proibiti dell’amore”. • La sequenza finale, in cui un fiume di fango travolge la casa, ricorda in modo impressionante l’onda di sangue di “Shining” (1980): sarà un caso visto che si tratta di case infestate e paradossi temporali? • Musica di Carlo Savina. Uscito in Germania come “Schrei in der Nacht”. |