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Aggiornato Domenica 06-Gen-2008


Le tracce dell'intervento di Claudia Rubino del coordinamento LGBTT di Amnesty International

 

Purtroppo Amnesty International esiste ancora. E dico “purtroppo” perché se Amnesty International è “costretta” ad esistere, ancora oggi, vuol dire che esistono al mondo ancora abusi e violazioni dei diritti umani.

Stasera parliamo di violenza, ma la violenza trae sempre la propria origine dal pregiudizio.

Classificare è una necessità per la maggior parte delle persone e i pre-giudizi sono “dati per certo” pur se infondati.

Il pregiudizio provoca la discriminazione.

«Sono tanti i modi in cui si attua la discriminazione riguardo la razza, il sesso, la religione o le minorazioni fisiche: c’è differenza nella diversità. Ciò che li accomuna tutti è l’offesa alla dignità delle persone in quanto appartenenti a certi gruppi. Nel caso dei gay, la storia e l’esperienza c’insegnano che i problemi non vengono dalla povertà né dalla mancanza di potere ma dall’invisibilità. Ciò che lede la dignità e l’autostima è la colpevolizzazione del desiderio, l’essere considerati perversi, la vergogna delle manifestazioni spontanee d’affetto, il divieto di esprimere l’amore, la negazione di una piena cittadinanza morale nella società poiché "tu sei quello che sei".» Justice Albie Sachs, Corte costituzionale del Sudafrica, 1998.

Tuttavia: l’identità di genere e l'orientamento sessuale sono aspetti fondamentali nell’esistenza di ogni un individuo.

Partiamo da un presupposto: cos’è quell’affetto che proviamo guardando negli occhi il nostro compagno, o la nostra compagna anche se dello stesso sesso? Cos’è la voglia di tenersi per mano per la strada? Sono “allucinazioni sentimentali”? Cos’è il desiderio di sentirsi altro rispetto a quello che la natura o la cultura ci impone? Follia? Malattia? No. Non sono “allucinazioni sentimentali”, non è follia, non è malattia. Sono sentimenti del cuore, profondi desideri della mente, aspetti intimi ed intime espressioni della persona. Sono amori ma sono anche diritti!

Ognuno ha il diritto di autodeterminarsi sessualmente, ha diritto alla privacy, ha il diritto di esprimersi e di associarsi.

Quanto appena affermato non lo dico soltanto io, ma anche voci più “autorevoli”. Basti pensare a Paul Hunt, Relatore speciale sul diritto di ognuno al godimento del più alto standard ottenibile di salute fisica e mentale, osserva nel suo rapporto alla 60ª Sessione della Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani:

“…la sessualità è una caratteristica di tutti gli esseri umani. È un aspetto fondamentale dell’identità di un individuo. Aiuta a definire chi è una persona. Il Relatore speciale sottolinea i basilari principi che hanno modellato il diritto internazionale sui diritti umani dal 1945 in poi, che comprendono privacy, uguaglianza e integrità, autonomia, dignità e benessere dell’individuo…In questo contesto, il Relatore speciale non ha dubbio che la corretta comprensione dei principi dei diritti umani fondamentali, come anche le norme esistenti sui diritti umani, conducono inevitabilmente al riconoscimento dei diritti sessuali come diritti umani. I diritti sessuali comprendono il diritto di ogni persona di esprimete il proprio orientamento sessuale, con la dovuta considerazione per il benessere e i diritti degli altri, senza paura di persecuzione, negazione della libertà o interferenza sociale”.

Sembra assodato che i diritti sessuali siano appunto “diritti”. Eppure:

- io non posso camminare mano nella mano con la mia donna, poiché rischierei di essere malmenata;
- il tuo amico viene mobbizzato perché gay;
- la ragazza di Lucca viene stuprata;
- il transessuale è additato, discriminato, emarginato.

Nonostante i risultati ottenuti nel corso degli anni, anche grazie ai difensori dei diritti lgbt, la situazione non è proprio rosea nel mondo.

Non è possibile citare delle statistiche: perché c’è, e lo ribadiremo più volte nel corso del presente intervento, in riferimento alla discriminazione per orientamento sessuale una vera e propria congiura del silenzio.

Ancora oggi, lesbiche, gay, bisessuali e transessuali vengono malmenati, stuprati, bruciati, frustati, uccisi per omicidio o condannati a morte.

1) L’omosessualità come crimine

• Almeno 70 stati sono entrati nel ventunesimo secolo avendo nei loro codici leggi che proibiscono i rapporti sessuali con persone del proprio sesso, tra questi l’Egitto (caso della Queen Boat o delle investigazioni subdole via Internet) o i paesi caraibici.
• Almeno in 4 è punita con la pena di morte (Sudan, Iran, Mauritania, Arabia Saudita).
Le leggi che criminalizzano i rapporti omosessuali esistono in tutti i continenti benché in forme diverse (ad esempio in alcuni paesi vi sono leggi discriminatorie che impongono il raggiungimento dell’ età consentita per avere rapporti sessuali).

In alcuni paesi il sesso consensuale tra persone adulte dello stesso sesso è definito come “sodomia”, “crimini contro natura” o “atti innaturali”. In altri stati, clausole generiche quali “atti immorali” o “scandalo pubblico” sono adottate per criminalizzare differenti espressioni di identità omosessuale.
In molte parti del mondo tali leggi sono reminiscenze di dominazioni coloniali nonostante siano state ironicamente difese da alcuni capi dei governi post-coloniali come una misura necessaria contro quella che essi definiscono “un’importazione straniera di omosessualità”.

Amnesty si oppone e li considera prigionieri di coscienza.

Innanzitutto, Amnesty International si oppone a tutte quelle leggi che permettono l’incarcerazione delle persone unicamente per la loro identità sessuale considera tali leggi una grave violazione dei diritti umani, incluso il diritto alla privacy, alla libertà dalla discriminazione, alla libertà di espressione e associazione, sanciti nella:

• Dichiarazione universale dei diritti umani,
• nel Patto internazionale sui diritti civili e politici,
• nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.

Le persone trattenute o imprigionate secondo tali leggi sono considerate “prigioniere di coscienza” e devono essere rilasciate immediatamente e incondizionatamente.

In alcuni paesi, ad esempio, le punizioni corporali, come la fustigazione, sono imposte giudiziariamente per il “crimine” di omosessualità. Consideriamo tali punizioni crudeli, disumane, degradanti in quanto forme di tortura.

Inoltre, criminalizzare l’omosessualità è, di fatto, una legittimazione alla disumanizzazione e alla violenza.

Molte delle denunce di tortura o di maltrattamenti subite da lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) in carcere, sono giunte da paesi dove i rapporti sessuali con le persone del proprio sesso sono considerati fuori legge.

Il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, ha definito i gay “meno che umani” (1995), il ministro degli affari esteri della Namibia avrebbe sollecitato i neo agenti di polizia ad “eliminare” gli omosessuali e le lesbiche “dalla faccia della Namibia” - certi sproloqui sono strategie per distrarre l’attenzione dei cittadini dal malgoverno, nondimeno contribuiscono a creare questa legittimazione:

CRIMINALIZZARE = UFFICIALIZZARE LA DISCRIMINAZIONE

Istituzionalizzare le discriminazioni invita ad esercitare la violenza contro le lesbiche, i gay, i/le bisessuali e i/le transessuali.

Privando un settore della popolazione dei suoi diritti fondamentali ogni possibilità di risarcimento e si garantisce l’impunità dei colpevoli.

Il caso della Giamaica che sta assumendo proporzioni immense

Ogni giorno, in Giamaica, i soggetti di diverso orientamento sessuale sono vittime di maltrattamenti, linciaggi pubblici, stupri e omicidi. La polizia non si preoccupa di proteggere gay, lesbiche, bisessuali, transessuali ed anzi, spesso è essa stessa ad appoggiare o perpetrare tali atti.

Gli abusi e le violenze contro i soggetti di diverso orientamento sessuale trovano fondamento nella discriminazione diffusa nella società giamaicana, fomentata da noti cantanti che incitano all’odio omofonico, corroborata da una legislazione che criminalizza le relazioni sessuali tra adulti consenzienti dello stesso sesso.

1) TORTURE E MALTRATTAMENTI DA PARTE DELLA POLIZIA

Anche se non è la legge a penalizzare l’identità o il comportamento gay, le azioni degli agenti di polizia spesso lo fanno, alcuni casi sono stati documentati anche negli Stati Uniti.

Il pregiudizio determina discriminazione e maltrattamenti durante lo stato d’arresto, nonché altissimo rischio di violenza sessuale e rafforza l’impunità per gli agenti di polizia responsabili di torture e maltrattamenti.

Gli agenti agiscono certi dell’impunità della propria impunità. In molti casi è il codice del silenzio che dissuade gli agenti dal riferire gli abusi che hanno luogo nei loro gruppi e copre i responsabili di torture e maltrattamenti.

2) TORTURA E MALTRATTAMENTI NELLE PRIGIONI

I/le detenute LGBT o ritenute tali, sono spesso a rischio di torture o di maltrattamenti da parte degli altri detenuti e/o delle guardie carcerarie. Subiscono in silenzio violenze, aggressioni sessuali, costrizioni, umiliazioni, il rifiuto di cure mediche ed altre forme di maltrattamenti.

Le autorità carcerarie che non riescono a proteggere i reclusi dalla violenza, possono essere esse stesse ritenute responsabili per le torture o i maltrattamenti inflitti.

I transessuali sono fortemente a rischio di abusi e violenze se vengono carcerati.

3) TRATTAMENTO MEDICO COATTO NELLE ISTITUZIONI STATALI

Nel 1992, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha cancellato l’orientamento omosessuale dalla sua Classificazione internazionale delle malattie. Alcune associazioni nazionali di medici e di psichiatri hanno iniziato, sebbene lentamente, ad adeguare la loro posizione a quella dell’OMS.
Tuttavia, in alcune società, l’omosessualità è trattata come un disturbo psicologico. Lesbiche, gay e transessuali, pertanto, sono bersaglio di sperimentazione medica e forzati a subire trattamenti psichiatrici attraverso i quali si vorrebbe “curarne” l’omosessualità.

Pensiamo all’India. O, ancora, alla Russia. Sebbene oggi l’omosessualità non sia più penalizzata, fino a tempi recenti quella maschile era punibile per legge. Il lesbismo, al contrario, tende ad essere considerato come un disturbo mentale che giustifica un trattamento psichiatrico. Si conoscono casi di ricoverato forzati di lesbiche in ospedali psichiatrici, è la famiglia a richiederli, o gli amici.

4) La violenza omofobica nella comunità

«Mi hanno chiuso in una stanza e lo hanno portato da me ogni giorno, per violentarmi, in modo che io rimanessi incinta e fossi costretta a sposarlo. Mi hanno fatto questo fino a quando non sono rimasta incinta…»

Questo resoconto di violenza sessuale è accaduto ad una ragazza adolescente, nel suo “tranquillo” ambiente familiare, in Zimbabwe (ma avviene anche in Tailandia, Ecuador ed altri paesi). Ad organizzare lo stupro ci ha pensato la famiglia della ragazza, tanto ansiosa di “correggere” il lesbismo della figlia da costringerla ad essere ripetutamente violentata da un uomo più anziano.

Tali violenze sono talvolta fatali, le loro conseguenze sempre devastanti.

È più probabile che le persone LGBT subiscano abusi fisici e psicologici per mano dei loro genitori, parenti, compagni di scuola, colleghi, o individui e gruppi appartenenti alla comunità nella quale vivono. Il Rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, sulle sue cause e conseguenze, ha dichiarato che “uno stato può essere ritenuto complice quando fallisce sistematicamente nel fornire protezione a chi è privato dei propri”.

Il dovere di “diligenza” degli stati implica anche prendere misure concrete per prevenire tali abusi, indagare quando questi si verificano, dar corso all’azione penale contro il presunto autore, giudicarlo con un giusto processo e fornire un adeguato indennizzo ed altre forme di risarcimento. Essa comporta inoltre assicurare che la giustizia sia amministrata senza alcun tipo di discriminazione.

Il Foro giamaicano per lesbiche e gay (J-FLAG) ha illustrato come le leggi, che in Giamaica criminalizzano le relazioni omosessuali, finiscano col dare un'approvazione ufficiale ai molti atti di violenza commessi contro persone LGBT. Un giovane, la cui relazione gay era stata scoperta dai membri della famiglia, è stato inseguito fino in una chiesa da residenti locali armati che gli hanno sparato colpendolo a morte mentre implorava loro di risparmiargli la vita. Sebbene la crudeltà dell’aggressione abbia provocato l’indignazione pubblica, lo “spirito” dell’atto è stato ampiamente lodato. Il suo compagno ha dovuto cambiare casa dopo aver ricevuto minacce di morte e sembra che gli sia stata rifiutata la protezione della polizia. Secondo alcune segnalazioni, i gay che denunciano aggressioni alla polizia, nei casi migliori s'imbattono nell'indifferenza e nei casi peggiori si misurano con ulteriori soprusi.

Oltre alle donne, tra i soggetti maggiormente a rischio vi sono i giovani. Infatti, i giovani che dimostrano la propria omosessualità o vengano percepiti come tali, più facilmente subiscono minacce e violenze in famiglia e nella propria comunità. Talvolta, di fronte al dubbio, si preferisce non indagare e scappa la punizione esemplare, preventiva…

Gli effetti sui giovani di episodi di tortura o di maltrattamenti e le conseguenze sul complesso della loro crescita sociale ed emozionale, sono particolarmente gravi. Per molte persone LGBT, le memorie del cortile della scuola evocano brutti ricordi:

«Ero in mezzo al parcheggio della scuola quando un gruppo di ragazzi mi circondò. Dissero: “Leghiamo con una corda alla parte posteriore del nostro camion e trasciniamolo giù per la strada principale”. Presero un laccio e cominciarono ad arrotolarlo intorno al mio collo... Tutto quello che riesco a ricordare sono tutte quelle persone che mi circondavano e come fossi spaventato a morte per la mia vita.»

Un giovane gay siriano a cui fu concesso asilo negli USA nel 2000, descrisse la sua adolescenza “pervasa da dolori e maltrattamenti”. Raccontò che nel 1994 fu trattenuto dopo la scuola e violentato da un insegnante. Fuggì in Giordania, dove, nel 1999, fu stuprato nuovamente. Quando sporse querela alla polizia in Giordania, lo derisero e si rifiutarono di aiutarlo, minacciando di metterlo “in qualche luogo spaventoso” se li avesse ancora importunati. Gli vennero manie suicide e decise di rivelare il suo orientamento sessuale ai suoi genitori. «Mio padre s’infuriò e cominciò a colpirmi e darmi dei calci dicendomi che stavo disonorando il nome della famiglia… mi gettò in mezzo ad una strada».

La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia obbliga esplicitamente gli stati a proteggere tutti i bambini, senza distinzione d'alcun genere, dalla violenza o da altri abusi in casa, a scuola e nella comunità. La violenza contro i bambini, in casa o a scuola, non è solo causa di danni fisici ma, nel bambino, ha un effetto duraturo e devastante sul proprio senso di dignità e autostima.

5) Richiedenti asilo

In assenza di una protezione efficace contro la tortura ed altre violazioni dei diritti umani, molte persone LGBT sono costrette a lasciare il proprio paese. Tuttavia, le persone LGBT devono affrontare molti ostacoli specifici prima di vedere accolte le loro richieste d'asilo.

Alle persone che fuggono dalle torture inferte a causa del proprio orientamento sessuale, deve essere garantito lo status di rifugiato (Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati; Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura). Tuttavia, malgrado la legge sulla protezione garantita dal diritto internazionale, molti fattori impediscono alle persone perseguitate a causa del loro orientamento sessuale, di ottenerla.

- Le lesbiche e i gay che hanno subito torture o maltrattamenti non possono avere accesso alle prove che documentano le persecuzioni subite.
- Inoltre, molti sono riluttanti a rivelare il proprio orientamento sessuale ai funzionari dell’immigrazione, specialmente se stanno fuggendo dalla persecuzione per mano di altri funzionari statali che li perseguitano a causa della loro identità sessuale.
- I funzionari dell’immigrazione, spesso, non sono addestrati per richiedere dati sensibili sulla persecuzione legata alla sessualità. Le autorità possono non essere consapevoli delle forme particolari di persecuzione nei confronti delle persone LGBT, quali il trattamento psichiatrico coatto come “cura” dell’omosessualità, e possono quindi non riuscire a riconoscere tale abuso come persecuzione secondo quanto riconosciuto, invece, dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati.
- Le lesbiche e i gay che dichiarano il proprio orientamento sessuale rischiano di subire ulteriori maltrattamenti. In un certo numero di stati, persone che chiedono asilo sono spesso trattenute in centri di “accoglienza” o in vere e proprie prigioni prima di valutarne la richiesta. Queste persone, a volte, vi trascorrono anni aspettando che la loro situazione sia definita. Durante la detenzione possono essere sottoposte a torture o maltrattamenti da guardie, agenti, o da altri detenuti.


6) Difensori dei diritti lgbt

Fino a poco tempo fa il silenzio e l’indifferenza che circondavano le torture e i maltrattamenti inferti alle lesbiche, ai gay, ai bisessuali e ai transessuali si rifletteva sul lavoro di gran parte della comunità internazionale a difesa dei diritti umani. Mentre il lavoro di Amnesty International focalizzava l’attenzione del pubblico sulla condizione dei dissidenti politici, i perseguitati come “dissidenti sessuali o emozionali” restavano per lo più vittime dimenticate. Argomenti quali la sessualità e gli orientamenti sessuali figuravano raramente nelle agende delle organizzazioni governative internazionali o delle Nazioni Unite.
La congiura del silenzio, che ha circondato le violazioni dei diritti di gay e lesbiche, è stata ora spezzata. Negli ultimi trent’anni, movimenti per la difesa dei diritti di gay e lesbiche sono sorti in ovunque nel mondo. Tali movimenti hanno organizzato campagne di sensibilizzazione e ottenuto vittorie significative, conquistando riforme legali e portando cambiamenti nei comportamenti e nella cultura.
Forse la maggior vittoria del movimento LGBTT è che, all’inizio del ventunesimo secolo, la questione dei diritti e del riconoscimento sta avendo risonanza. Ci sono organizzazioni in Africa, Asia, America Latina e Medio Oriente che combattono per i diritti dei gay e delle lesbiche. Tuttavia, il risalto dato al tema, ha causato attacchi contro i difensori dei diritti delle persone LGBTT, soprattutto in quei paesi dove essi non sono garantiti. Basti pensare all’Argentina, allo Zambia, all’Uzbekistan. Lo dimostra la morte, un paio di mesi fa, di un’attivista di J-flag, in Giamaica.

Cosa chiede Amnesty international:

1. L’Annullamento delle leggi che condannano l’omosessualità.
2. La condanna della tortura.
3. La protezione durante la detenzione.
4. Il Divieto del “trattamento” medico coatto.
5. La cessazione dell’impunità.
6. La protezione di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali dalla violenza all’interno della comunità.
7. La protezione dei rifugiati LGBTT.
8. La protezione ed il supporto ai difensori dei diritti di gay e lesbiche.
9. Il rafforzamento della protezione internazionale.
10. La ratifica senza riserve degli strumenti internazionali per la prevenzione delle torture e dei maltrattamenti.
11. La lotta contro la discriminazione.

Io vi saluto portando nel cuore - e condividendo con i vostri cuori - la speranza che cessino le discriminazioni, le violenze, gli abusi.

Mi auguro che Amnesty international non debba esistere più, perché vorrà dire che saranno scomparse le violazioni dei diritti umani.

Ma finché ciò non si avvererà io vi prometto che noi continueremo a lottare al fianco di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, per realizzare quanto stabilito dall’art. 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che recita “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.

 

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